Inizia l'era dei dazi che dovrà fare i conti con la stampa 3d e l'additive manufacturing
Le guerre tariffarie incontrano la rivoluzione della stampa 3D e la grande transizione dalla globalizzazione alla glocalizzazione...
L’adozione su larga scala della stampa 3D, supportata dall’intelligenza artificiale, sta trasformando radicalmente il commercio internazionale. Le aziende possono ora trasmettere file digitali per la produzione locale, aggirando dazi e costi logistici tradizionali. Il perché ce lo spiega Jeremy Rifkin, economista e futurologo…
La rivoluzione tecnologica più che le ritorsioni dei Governi minaccia di rendere obsoleti i conflitti tariffari e favorisce modelli economici decentralizzati e sostenibili, accelerando la transizione verso un'economia più resiliente e distribuita.
Un cambiamento di paradigma nel commercio globale
La recente intensificazione delle guerre tariffarie tra le principali economie mondiali rischia di frammentare il commercio globale. Tuttavia, un'innovazione tecnologica sta emergendo come una forza dirompente in grado di ridisegnare le regole economiche: la combinazione tra intelligenza artificiale e stampa 3D (o additive manufacturing).
Questa tecnologia consente alle aziende di trasmettere file digitali dei propri prodotti a distributori locali, che li stampano in loco. Questo modello riduce drasticamente la dipendenza dalla logistica tradizionale (navale, aerea e terrestre), abbattendo i costi e le emissioni di CO2.
Ma soprattutto, bypassa i dazi doganali, che si applicano alle merci fisiche, non ai dati digitali.
Dalla produzione centralizzata alla manifattura distribuita
Per oltre due secoli, la produzione industriale si è basata su modelli centralizzati, caratterizzati da grandi impianti manifatturieri e catene di approvvigionamento globali. La stampa 3D introduce un modello opposto: decentralizzato e distribuito.
Nella manifattura tradizionale, il materiale viene lavorato rimuovendo parti in eccesso (subtractive manufacturing), generando scarti e consumi elevati di energia. L’additive manufacturing, invece, costruisce gli oggetti strato dopo strato, con un uso più efficiente delle risorse e minori sprechi.
Un esempio concreto è il settore edilizio: l’architetto italiano Mario Cucinella ha dimostrato come sia possibile stampare case in terra cruda in sole 200 ore, utilizzando materiali locali e con un impatto ambientale minimo.
Questo approccio riduce non solo i costi di costruzione, ma anche le emissioni legate al trasporto e alla produzione di materiali convenzionali.
L’impatto economico e ambientale
Secondo le stime del 2024, i costi globali della logistica dei trasporti (via mare, aria e terra) ammontavano a 12,8 trilioni di dollari, pari all’11,6% del Pil mondiale. Ridurre la dipendenza da questi sistemi potrebbe tradursi in un calo significativo dei costi di produzione e di vendita, con vantaggi per consumatori e imprese.
Inoltre, la stampa 3D riduce drasticamente i tempi di produzione e consegna. Durante la pandemia di Covid-19, le aziende che utilizzavano questa tecnologia hanno registrato una riduzione dei tempi di attesa fino al 70% rispetto alle catene di fornitura tradizionali.
Dal punto di vista ambientale, il potenziale di questa tecnologia è altrettanto rilevante: minore necessità di trasporto significa una drastica riduzione delle emissioni di gas serra, che oggi derivano per circa l’11% dalle infrastrutture logistiche globali.
Dazi e digitalizzazione: un binomio incompatibile
Il modello economico emergente basato sulla stampa 3D e sulla trasmissione digitale dei file si scontra con le logiche protezionistiche delle guerre tariffarie.
Mentre i governi cercano di imporre nuove barriere commerciali, le imprese più innovative stanno già operando in un contesto privo di dazi, grazie alla digitalizzazione.
A livello globale, le piccole e medie imprese (Pmi) stanno guidando questa trasformazione. Nell’Unione europea, le Pmi rappresentano il 99,8% delle aziende e generano il 52% del Pil.
Negli Stati Uniti, costituiscono il 99,9% delle imprese, impiegando quasi la metà della forza lavoro. Questa nuova economia distribuita sta ridefinendo il concetto di globalizzazione, spostando l’attenzione dalla produzione centralizzata alla glocalizzazione, ossia un modello di produzione e distribuzione locale, ma connesso globalmente attraverso la tecnologia.
Un futuro senza barriere commerciali?
L’inevitabile diffusione dell’additive manufacturing potrebbe rendere obsolete le attuali strategie commerciali basate sui dazi e sulla logistica globale. Tuttavia, alcuni governi potrebbero tentare di introdurre restrizioni sui file digitali per compensare la perdita di entrate tariffarie.
Ciò nonostante, la natura decentralizzata e distribuita della stampa 3D rende improbabile un efficace controllo normativo. L’innovazione tecnologica ha già superato il punto di non ritorno e continuerà a evolversi, sostenuta dalla crescente rete di aziende, università e startup che stanno investendo in questa direzione.
Se il XIX e il XX secolo sono stati definiti dalle economie centralizzate e verticali della prima e della seconda rivoluzione industriale, il XXI secolo sta inaugurando un modello laterale e distribuito, caratterizzato da una democratizzazione dell’accesso alle risorse produttive.
Le guerre tariffarie potrebbero quindi non solo fallire nel loro intento protezionistico, ma addirittura accelerare la transizione verso un’economia più resiliente, sostenibile e decentralizzata.
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