Giovani digitali, anziani sostenibili: l’Italia sospesa tra due metà incompiute
I giovani dichiarano attenzione all’ambiente ma si dimostrano poco coerenti nelle pratiche; gli anziani, pur mostrando un ambientalismo più convinto, rimangono ai margini dell’innovazione tecnologica
Durante il Digital Sustainability Day 2025 a Roma, l’Osservatorio per la Sostenibilità Digitale ha presentato uno studio che svela una profonda frattura generazionale nella percezione e nell’adozione della sostenibilità digitale in Italia
Tra le tante fratture che caratterizzano il nostro Paese c’è anche quella legata alla dicotomia sostenibilità e digitale: se, infatti, i più giovani, pur dichiarandosi sensibili al tema, traducono raramente tale interesse in comportamenti concreti, le generazioni più mature, spesso diffidenti verso il digitale, mostrano un ambientalismo più radicato ma meno supportato da strumenti tecnologici.
Così, dalla ricerca annuale dell’Osservatorio per la Sostenibilità Digitale emerge un’Italia spaccata su più fronti, dove la transizione sostenibile rischia di restare incompiuta se non si colmano con urgenza le diseguaglianze generazionali e digitali.
Generazioni a confronto: la sostenibilità digitale si gioca sul crinale dell’età
L’indagine Generazioni, presentata durante il Digital Sustainability Day 2025 promosso dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale presso l’Università Sapienza di Roma, ha offerto un affondo metodico sulle relazioni tra età, competenze digitali e sensibilità ambientale.
A guidare la ricerca è l’Osservatorio per la Sostenibilità Digitale, in collaborazione con l’Istituto di Studi Politici San Pio V, attraverso l’applicazione dell’indice proprietario DiSi (Digital Sustainability Index), che mappa l’intersezione tra cultura digitale e pratiche sostenibili.
L’indagine, condotta su un campione rappresentativo articolato in quattro fasce generazionali (Generazione Z, Millennial, Generazione X e Baby Boomer), restituisce una polarizzazione evidente.
L’adozione del digitale non procede in modo uniforme né si traduce, necessariamente, in comportamenti coerenti con gli obiettivi della sostenibilità ambientale, sociale o economica.
Digitali sì, sostenibili forse
Nonostante le generazioni più giovani (Z e Millennial) dichiarino livelli più alti di competenza digitale e interesse per i temi ambientali, la ricerca rivela come tale sensibilità raramente si concretizzi in comportamenti pratici.
Solo il 22% dei giovani intervistati afferma di conoscere a fondo il concetto di sostenibilità, mentre un significativo 34% della Generazione Z ammette di non saperlo definire in modo chiaro. Di contro, tra i Baby Boomer, pur con livelli inferiori di alfabetizzazione digitale (35% dichiara di non utilizzare mai strumenti tecnologici), si registra una maggiore consapevolezza della gravità del cambiamento climatico: il 67% lo considera una priorità assoluta.
Questo scarto tra dichiarazioni di principio e pratiche reali si amplifica se si considera l’adozione di tecnologie sostenibili: i cosiddetti Sostenibili Digitali - giovani attenti all’ambiente e digitalmente competenti - rappresentano una minoranza.
E se tra i Baby Boomer si individua un solido atteggiamento ambientalista, questo si accompagna spesso a un’evidente diffidenza verso il digitale, generando un paradosso: gli Insostenibili Analogici, ovvero coloro che si dichiarano sensibili ma sono privi degli strumenti per tradurre tale attenzione in azioni concrete.
La generazione del tempo per agire
Un ulteriore elemento di complessità emerge quando si confrontano le percezioni temporali della crisi climatica. Contrariamente alle aspettative, non sono i più giovani a chiedere interventi immediati.
Il 31% dei Millennial e il 27% della Generazione Z ritengono che vi sia ancora margine d’azione, mentre tra gli over 60 prevale un’urgenza chiara e diffusa: due terzi dei Baby Boomer ritengono il cambiamento climatico una minaccia impellente da affrontare senza indugi.
Questo dato confuta la narrazione dominante che attribuisce esclusivamente ai giovani la responsabilità generazionale dell’attivismo ambientale.
Competenze digitali, una sfida ancora aperta
Il quadro si complica ulteriormente se si analizzano le competenze digitali: solo il 2% degli over 60 si definisce molto competente nell’uso delle tecnologie digitali, contro il 22% dei giovani.
L’accesso al digitale non è solo questione di età, ma anche di fiducia e percezione: un italiano su otto è convinto che l’innovazione tecnologica aumenti le disuguaglianze sociali e riduca i posti di lavoro.
Anche laddove il digitale venga riconosciuto come opportunità - nel 94% degli intervistati tra i 18 e i 60 anni - permangono forti ambivalenze sulle sue implicazioni sistemiche.
Una transizione ancora incompleta
Il quadro nazionale si inserisce in un contesto europeo non meno problematico. Il report Digital Decade 2024 della Commissione europea segnala l’Italia tra i nove Stati membri che non raggiungono gli obiettivi minimi di alfabetizzazione digitale.
La crescita annua europea delle competenze digitali di base si attesta a uno scarno +0,2%, e l’Italia rimane al di sotto della media con criticità evidenti, anche nelle aree urbane e tra i giovani.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che destina il 25,6% delle risorse al digitale - per un totale di 47 miliardi di euro - fatica a produrre impatti sistemici.
L’integrazione tra sostenibilità e digitalizzazione rimane ancora un obiettivo lontano, frammentato tra iniziative non coordinate e una stratificazione generazionale che richiede approcci differenziati e politiche strutturate.
In conclusione, i risultati dell’Osservatorio per la Sostenibilità Digitale mostrano come la transizione ecologica e quella digitale, pur richiamate con insistenza nei programmi di policy, restino fenomeni paralleli e disgiunti nella quotidianità dei cittadini.
Senza un investimento mirato nelle competenze e nell’educazione intergenerazionale, la sostenibilità rischia di rimanere un proposito etico privo di concretezza.
Il Paese, se vuole affrontare la doppia transizione, dovrà riconoscere che la frattura non è solo tecnologica, ma anche culturale. E, come ogni frattura, necessita di essere ricomposta prima che diventi strutturale.
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